Anna stava recandosi al lavoro a bordo della sua automobile di seconda mano quando vide la Trecedes nuova fiammante del suo attuale datore di lavoro sfrecciare e raggiungere l’orizzonte in un battibaleno.

La potenza di quell’autovettura di lusso lasciò nella sua mente un sentimento di ammirazione, completamente privo di invidia.

Pensava che risparmiando qualcosa tutti i mesi nel giro di alcuni anni avrebbe potuto permettersela anche lei la Trecedes... Magari pagando una parte del prezzo in comode rate mensili.

Il giornale radio diffondeva il resoconto dei bombardamenti effettuati durante la notte sulle postazioni militari serbe. Un resoconto generico, uguale a quello dei giorni precedenti.

Anna stava pensando al lavoro che avrebbe dovuto svolgere durante la giornata. Il suo contratto stava per scadere, non voleva che si dicesse di lei che non era in grado di portare a termine i compiti che le erano stati affidati.

Desiderava lasciare di sè una buona impressione: era l’unico modo per sperare in una eventuale riassunzione per un ulteriore periodo, magari di lì a qualche mese.

Un cane improvvisamente le attraversò la strada. Per lo spavento Anna premette eccessivamente sul pedale del freno provocando uno sbandamento che la portò fuori strada.

L’automobile era semidistrutta... Anna fortunatamente rimase incolume, tanto che si mise subito a fare l’autostop per raggiungere al più presto il suo posto di lavoro. Troppi colleghi avevano perso il lavoro per un semplice ritardo... Perso nel senso che le agenzie per accontentare i loro clienti erano costrette a segnalare ai potenziali datori di lavoro ogni difetto della forza di lavoro che proponevano.

Fortunatamente proprio in quel momento stava transitando il capo officina, un individuo sulla cinquantina che manifestava un sentimento di simpatia nei suoi confronti: le diceva sovente che avrebbe desiderato avere una figlia proprio come lei.

Naturalmente il capo officina si fermò ben volentieri incuriosito dalla situazione che si presentava ai suoi occhi: Anna tentava disperatamente di fare l’autostop circondata da uno stuolo di curiosi che desideravano aiutarla.

Abbassato il vetro della porta anteriore destra il capo officina le domandò:

- Che cosa succede?

- Niente di grave... ho avuto un piccolo incidente... le dispiacerebbe darmi un passaggio?

- Certo che no! Sali, presto, che siamo in ritardo!

- Davvero gentile...

Il capo officina si affrettò a ripartire lasciando i curiosi sul posto... allibiti.

- Quell’automobile in mezzo al prato era tua?

- Sì, non so come ho fatto a ritrovarmi in quella posizione. Fortunatamente non mi sono fatta nulla di male.

- Non ti pare inconsueto preoccuparsi tanto di andare a lavorare subito dopo un incidente come quello che ti è appena accaduto?

- I miei genitori mi raccontano che sin da piccola ho sempre dimostrato un forte senso del dovere... Durante la pausa di pranzo mi preoccuperò di fare sgomberare il prato... Quel catorcio d’altra parte non valeva niente... Adesso però me ne dovrò procurare un altro... Questo incidente mi verrà a costare una discreta somma di denaro... Non ci voleva proprio!

Appoggiando una mano sulla gamba di Anna il capo officina...

- Se hai bisogno di qualcosa sai a chi rivolgerti... Te lo avevo detto che mi piacerebbe avere una figlia proprio come te?

- Sì...

- Da quanto tempo lavori da noi?

- Due mesi.

- Quindi il tuo contratto scadrebbe tra un mese?

- Certo... così mi hanno detto all’agenzia.

- Ti piacerebbe rimanere con noi per altri tre mesi?

- Certo... mia madre ne sarebbe davvero felice. Ha sempre sognato per me un posto di lavoro stabile e vicino a casa... Pensi che una volta sono stata per tre mesi a lavorare in una ditta che produceva salami... Un bel lavoro, ma la sede della ditta si trovava a cinquecento chilometri da casa... Ebbene, mia madre mi telefonava tutte le sere... Quando sono tornata a casa, dopo tre mesi, ho visto la bolletta del telefono... La sommetta che ero riuscita a risparmiare era appena sufficiente per pagarla... Mia madre è disoccupata, il che le permette di avere molto tempo libero per telefonare a destra e a manca, poi chi deve pagare le bollette sono io!

Avevo una mezza intenzione di disdire l’abbonamento all’azienda telefonica, ma ne avrebbe fatto una malattia...

Così chiacchierando del più e del meno il capo officina parcheggiò la sua Trecedes di seconda mano vicino a qualla nuova fiammante del titolare della ditta. Tutti i dipendenti della "Tappi perfetti" sapevano che vicino al posto macchina del titolare bisognava lasciare un ampio spazio affinchè il capo officina potesse parcheggiare comodamente, senza rischiare di bollare la preziosa automobile del suo stimatissimo datore di lavoro, il quale gli aveva venduto a prezzo di favore la sua vecchia Trecedes.

Pochi minuti dopo Anna occupava la sua postazione di lavoro alla macchina controllo tappi. La macchina in realtà si limitava a contarli, i tappi. Era Anna che doveva osservarli attentamente per eliminare quelli difettosi.

Chiunque avrebbe considerato noiosa quella mansione... Anna, no. I tappi lei se li sognava anche di notte. Sognava una fiumana di tappi che scorrevano sotto i suoi occhi. Di tanto in tanto allungava una mano per afferrare un tappo che presentava qualche difetto. Qualche volta il tappo difettoso le sfuggiva... Allora il sogno si trasformava in un incubo. Il secondo addetto al controllo tappi segnalava immediatamente al titolare la svista commessa dal "primo controllo tappi". Dopo tre "sviste" consecutive la speranza di vedere riconfermato il proprio posto di lavoro svaniva del tutto, al punto che conveniva cominciare immediatamente a cercare un nuovo posto prima che le organizzazioni imprenditoriali avessero il tempo di aggiornare la loro banca dati.

All’atto dell’assunzione infatti il datore di lavoro era tenuto a fare sottoscrivere al neo-assunto una dichiarazione grazie alla quale potevano essere registrati i dati relativi al lavoratore, "sensibili" o "insensibili" che fossero. La legge che conteneva tali disposizioni era stata battezzata, in ossequio alla superiorità della lingua inglese, normativa della "privacy".

Centinaia di piccoli imprenditori che non avevano mai parlato altro che il loro dialetto dovevano così imparare la lingua inglese prima ancora dell’italiano.

La giornata di lavoro era ancora lungi dal volgere al suo termine quando la macchina di controllo tappi si bloccò e non volle più saperne di ripartire. Il titolare della ditta costantemente preoccupato di rispettare i termini di consegna stabiliti dai contratti stipulati con la clientela decise che la produzione non poteva subire alcun ritardo a causa di un volgare guasto a una macchina. Pertanto ordinò ad Anna di provvedere alla conta dei tappi oltre che la controllo dgli stessi... Naturalmente rispettando i medesimi standard di qualità che doveva rispettare quando la macchina controllo tappi funzionava regolarmente.

Purtroppo la mente di Anna era così abituata a svolgere il suo vecchio lavoro che questa nuova mansione proprio non le andava a genio. Ogni dieci minuti dimenticava di contare i tappi per almeno trenta secondi cosicchè alla fine della giornata il secondo controllo tappi fu costretto a segnalare al titolare la discrepanza tra il suo conteggio e quello effettuato da Anna, sebbene non fosse del tutto convinto che il suo conteggio fosse più preciso di quello effettuato dalla sua collega.

Il titolare era un uomo che aveva costruito la sua fortuna dal nulla, risparmiando fino all’ultima lira, anche sulle tasse. Tra le sue abitudini c’era quella di convocare i dipendenti nel suo ufficio per spiegargli personalmente a quali sanzioni andavano incontro se perseveravano nel compiere errori...

Anna quindi si ritrovò in men che non si dica di fronte al volto severo del titolare. Era un’emozione che non aveva ancora sperimentato.

Dopo una decina di minuti di insulti Anna fu libera di tornare alla sua postazione di lavoro serbando in cuor suo un sentimento di gratidudine nei confronti del suo datore di lavoro-benefattore... Un vero gentiluomo, il titolare, nulla gli impediva di telefonare all’agenzia per richiedere la sostituzione immediata di quell’operaia maldestra.

Tuttavia il titolare sapeva, perchè glielo aveva detto il capo officina, che Anna in quel lavoro ci metteva l’anima: non gli conveniva licenziarla. Le operaie che la avevano preceduta commettevano mediamente molti più errori di lei.

Comodamente installata nella sua postazione di lavoro Anna si dedicava anima e corpo al compito che le era stato affidato.

In men che non si dica arrivò la fine dell’orario di lavoro. Era una fabbrichetta di piccole dimensioni, non si facevano i turni, pertanto era buona norma fermarsi almeno una mezz’ora dopo il normale orario di lavoro, naturalmente senza pretendere alcun compenso.

Terminata la mezz’ora di cortesia Anna avrebbe continuato volentieri a lavorare gratuitamente per farsi perdonare, ma i suoi colleghi cominciavano a manifestare una certa insofferenza, probabilmente dovuta alla calura estiva.

Molti lavoratori pensavano alle ferie, ma il titolare non aveva ancora comunicato il periodo durante il quale la fabbrichetta avrebbe chiuso i battenti.

Il titolare in cuor suo stava pensando di chiedere ai suoi dipendenti di rimandare le ferie all’anno successivo, dato che quell’anno il mercato si manifestava particolarmente vivace, nel settore. Alcune fabbrichette che si trovavano in concorrenza con la "Tappi perfetti" avevano cessato l’attività, pertanto le ordinazioni erano aumentate a dismisura, al punto che il lavoro durante il fine settimana, naturalmente retribuito fuori busta con il beneplacito di tutti i lavoratori, non era più sufficiente per rispettare i termini di consegna.

Anna delle ferie non avrebbe saputo che farsene. Forse ne avrebbe approfittato per riordinare la casa. Sua madre era troppo occupata dall’esercizio del suo diritto di telefonare a chicchesia per dedicare una parte delle sue energie alle faccende domestiche.

Terminate le operazioni di riordino era sua ferma intenzione dedicare il tempo rimanente alle sue letture preferite. Erano mesi che raccoglieva rotocalchi senza avere nemmeno il tempo di sfogliarli. Soltanto sua madre, tra una telefonata e l’altra, aveva letto le didascalie delle fotografie più interessanti.

Tra un tappo e l’altro la giornata di lavoro stava finalmente volgendo al termine. Il capo officina con il megafono annunciò che il titolare doveva effettuare una comunicazione. Tutti ovviamente pensarono che doveva trattarsi delle ferie...

- E’ con l’entusiasmo di chi è consapevole di essere a capo di una impresa sana, in grado di sbaragliare la concorrenza grazie anche alla disponibilità dei suoi dipendenti che sono costretto a chiedervi di rinunciare a quel noiosissimo periodo di noia a volte anche piuttosto faticosa che di solito viene chiamato ferie...

Con un urlo di gioia i dipendenti approvarono all’unanimità.

- Grazie, la vostra ricompensa è compresa nei miei profitti, che saranno reinvestiti, in parte, nell’azienda. Entro pochi giorni ci sarà consegnata una nuova macchina in grado di effettuare il controllo qualità in modo del tutto automatico evitando inutili errori umani...

Anna capì all’istante che le sue ferie sarebbero cominciate il giorno in cui sarebbe stata consegnata quella macchina, che sarebbero durate esattamente il tempo necessario all’agenzia per trovarle un altro posto di lavoro.

Il capo officina le offrì un passaggio verso casa. Anna non poteva fare a meno di accettare.

Quando Anna entrò in casa sua madre era impegnata in una telefonata fiume con la sua migliore amica che purtroppo si era trasferita in America del Sud per motivi di lavoro.

Di tanto in tanto Anna si domandava come mai sua madre non aveva approfittato della possibilità di andare a lavorare in America, in fondo in quello stato non esisteva ancora il lavoro interinale.

Anna, perplessa, osservava sua madre. Chissà perchè mai era sempre stata affezionata alla sua condizione di casalinga... Che avesse intuito che cosa significava introdursi nel mondo del lavoro?

La buona volontà di certo non le mancava, nonostante al suo ritorno a casa Anna dovesse preoccuparsi di preparare la cena per entrambe.

Usciva raramente, la madre di Anna, di solito durante il fine settimana per non disturbare la sua figliola mentre si occupava delle faccende domestiche.

D’altra parte le sue amiche in settimana lavoravano...

In una pausa tra una telefonata e l’altra squillò il telefono. Era il capo ufficio della "Tappi perfetti" che naturalmente si trovava ancora in ufficio. La telefonata aveva lo scopo di informare Anna del termine della sua "missione"...

Il giorno successivo l’agenzia sarebbe stata informata per lo svolgimento delle pratiche del caso. Naturalmente il titolare della ditta lo aveva incaricato di esprimere un parere positivo sui risultati della missione, con i migliori auguri di ottenere presto un nuovo incarico... Tanti saluti anche dal capo officina, che avrebbe comunque serbato un buon ricordo del suo operato... e che sfortuna avere sfasciato l’autovettura proprio l’ultimo giorno di lavoro presso la ditta... speriamo che l’assicurazione copra almeno i costi di recupero e di trasporto...

Anna si consolò con un buon caffè. Sua madre telefonò immediatamente alla sua amica per raccontarle la novità.

Chissà dove la avrebbero mandata a lavorare questa volta, pensò Anna.

Chissà che non fosse la volta buona, quella tanto pubblicizzata sui giornali.

Si diceva che l’ottanta per cento dei lavoratori inviati in "missione" venivano assunti definitivamente dalla stessa azienda nella quale avevano lavorato con un contratto a tempo determinato.

Non appena libero il telefono squillò. La madre di Anna naturalmente si affrettò a rispondere. Stranamente non era una delle sue amiche telefoniche, infatti Anna, che si trovava in uno stato psicofisico di torpore, intravvedeva sua madre che gesticolava come per richiamare la sua attenzione.

Dopo alcuni secondi di indecisione Anna decise di rispondere a quella telefonata. Era la polizia municipale. Avevano ritrovato dentro la sua automobile il suo indirizzo. Il proprietario del terreno sul quale si trovava la sua automobile aveva bisogno di arare il campo entro poche ore. La polizia municipale avrebbe disposto il recupero immediato del rottame naturalmente a spese del proprietario dello stesso. Anna domandò se si poteva sapere all’incirca a quanto sarebbero ammontate le spese. Dall’altro capo del filo le risposero che non si poteva sapere... Buonasera!

Un paio di giorni dopo nella cassetta delle lettere faceva bella mostra di sè una lettera che evidentemente conteneva una fattura commerciale. Anna decise che non era proprio il caso di ritirarla. Ci pensò sua madre alcuni giorni dopo.

Quando vide l’importo della fattura si domandò con quali fondi neri avrebbe potuto farvi fronte.

Il giorno dopo si recò all’agenzia "Risorse umane". Non era difficile trovare un nuovo posto di lavoro. Era difficile trovarlo vicino a casa. Il ragioniere aveva guardacaso a disposizione la richiesta di una ditta distante cinquecento chilometri. Il suo futuro datore di lavoro cercava un uomo o una donna di modeste pretese salariali, automunita, casa in proprietà, disposta a trasferire la propria residenza in loco per un periodo di tempo non inferiore ai tre mesi.

Il lavoro non era difficile. Si trattava di riordinare una collinetta di cinghie trapezoidali accatastate sul retro di un capannone, riparate da alcuni teloni di materiale plastico.

Anna accettò, poi si ricordò di non possedere più un’auto e di non avere mai posseduto una casa, quindi rinunciò a quell’opportunità interessante.

Il ragioniere le spiegò che non era proprio indispensabile possedere un’abitazione, piuttosto poteva essere necessario disporre di un’automobile, considerato che la sede della ditta si trovava in aperta campagna e non era possibile utilizzare mezzi pubblici. Cosa ci voleva, le disse il ragioniere, ad acquistare un automezzo di seconda mano... Anzi, se voleva, le avrebbe venduto la sua vecchia Maseraci... Anna non sapeva decidere, così, sui due piedi. Non era abituata a ricevere tante attenzioni del tutto disinteressate. Il ragioniere aveva un volto così angelico che era impossibile rifiutare.

Il giorno seguente Anna era già in viaggio, ovvero in "missione". In quattro e quattrotto aveva avuto il tempo di firmare un paio di cambiali per pagare il recupero della sua vecchia automobile e la Maseraci del ragioniere.

Dopo una cinquantina di chilometri si ritrovò senza benzina. Eppure aveva appena fatto il pieno. Fortunatamente cinquecento metri più avanti c’era un distributore di benzina. Il benzinaio, che di queste cose se ne intendeva, le spiegò che quelle vecchie auto sportive consumavano parecchia benzina.

Anna telefonò subito al ragioniere, ma dovette accettare di buon grado la scusante per cui tutti sapevano che una Maseraci biturbo consumava più di un autotreno... D’altra parte il suo futuro dipendeva dal ragionier Furbeschi...

Dopo cinque rifornimenti di carburante finalmente raggiunse la sua meta, il paesino di Santa Manuela. Questa volta era riuscita a convincere sua madre a traslocare, considerata la distanza del suo nuovo posto di lavoro dal paese dove era nata e vissuta. Gli arredi della famiglia sarebbero arrivati con il primo corriere non appena Anna fosse stata in grado di comunicare il suo nuovo indirizzo. La madre di Anna insistette per portare con sè il suo telefono, che custodiva gelosamente in grembo seduta sul sedile posteriore della Maseraci.

Nel paesino di Santa Manuela era difficile trovare un’agenzia immobiliare.

I contratti si concludevano all’unico bar che si trovava esattamente di fronte alla parrocchiale. Il barista di conseguenza era diventato un esperto in grado di indirizzare chiunque avesse un problema verso le persone giuste, quelle che in un attimo potevano comprare, vendere o affittare un immobile... per non parlare di tutt’un’altra serie di attività che potevano essere definite accessorie, purchè redditizie.

Anna e sua madre capitarono proprio in quel bar con l’intenzione di raccogliere informazioni utili, in pratica per cercare un’abitazione modesta sia nell’apparenza che nel canone di locazione.

Per quanto riguardava il primo aspetto della modestia di cui parlava Anna il barista affermò che non sarebbe stato difficile... Il secondo avrebbe creato qualche problema... I bungalow del piccolo campeggio comunale erano tutti occupati... Rimaneva qualche tenda a cinquecentomila lire al mese...

Fortunatamente un avventore del bar al quale era appena morto il gatto che alloggiava in una camera spaziosa al piano terreno della sua villetta si lasciò impietosire alla vista di Anna e di sua madre... e senza pensarci troppo offrì loro di alloggiare nell’alloggio del suo gatto.

La madre di Anna domandò, prima che sua figlia accettasse la proposta, se in quella stanza c’era una presa telefonica...

Il proprietario rispose che c’era, ma che lui non aveva nessuna intenzione di pagare le sue telefonate...

Preoccupata, la madre di Anna domandò a sua figlia quale fosse il significato di quelle oscure parole. Come si poteva anteporre al bisogno di comunicare una vile questione di denaro?

Anna rassicurò entrambi spiegando che l’azienda telefonica avrebbe provveduto alla stesura di un nuovo contratto.

Sistemate le cianfrusaglie della famiglia nel nuovo appartamento ad Anna non rimase che una manciata di minuti per raggiungere il suo nuovo posto di lavoro.

La Maseraci consumava più carburante del solito e Anna continuava a sbagliare strada... Per sua fortuna quando rimase senza benzina si trovava a non più di un paio di chilometri dalla meta. Con l’aiuto delle informazioni che di volta in volta otteneva dai contadini della zona riuscì a raggiungere il piccolo capannone che rappresentava la sede della ditta. Il mucchio di cinghie trapezoidali si distingueva molto bene, superava l’altezza del capannone, tanto era grande.

Che bello, pensò Anna, ho il lavoro assicurato per almeno tre mesi.

Intorno al capannone si intuiva un gran fervore. Decine di persone entravano e uscivano freneticamente dal portone principale.

Il titolare della ditta spiegò ad Anna in quattro parole in che modo avrebbe dovuto riordinare quella montagna di cinghie trapezoidali, dopo di che le augurò buon lavoro e se ne andò a urlare ordini sull’altro lato del capannone. La sua, pensava il titolare, era un’azienda con sistema di produzione certificato Iso 9000, non avrebbe mai permesso che per un banale errore una stupida commissione gli levasse quella sigla dalle etichette...

Anna stava prendendo confidenza con le cinghie trapezoidali quando un collega le si avvicinò per augurarle buona fortuna nell’impresa di ricondurre a qualcosa di razionale quel mucchio di rifiuti... Probabilmente, diceva il collega, la cosa più economica era prendere un accendino e una tanica di benzina, ma il titolare era un tipo che si affezionava alle cose di sua proprietà, un uomo dal cuore tenero...

Dopo un paio di ore di lavoro Anna non era ancora riuscita a farsi un’idea di quante misure di cinghie si trovavano nel mucchio... Nonostante avesse cominciato a creare un mucchietto per ogni tipo di cinghia continuava a trovare delle cinghie di una misura diversa da quelle precedenti... I mucchi ben presto divennero così tanti che Anna si sentì urlare dal titolare qualche improperio perchè con il suo metodo di lavoro occupava troppo spazio impedendo ai colleghi di eseguire il compito che dovevano svolgere. Bisognava, diceva il titolare, fare in modo che le cinghie nel loro complesso occupassero meno spazio di quanto ne occupavano in quel momento. Un bel problema. Un paradosso.

Intanto, nella sua nuova abitazione, la madre di Anna cercava disperatamente la presa telefonica. Probabilmente la sua amica la stava chiamando dall’America latina e lei non era in grado di rispondere per colpa di un banale collegamento all’impianto telefonico della casa. Dopo alcune ore di trattative il proprietario dell’abitazione le permise di utilizzare l’impianto esistente per ricevere le telefonate che diceva essere questione di vita o di morte. Naturalmente altre ore passarono senza che la sua amica si preoccupasse di telefonarle, anche perchè non disponeva del nuovo numero telefonico al quale avrebbe potuto rispondere la sua amica. In ogni caso la madre di Anna non si preoccupava nè di preparare cena, nè di disporre in modo gradevole gli effetti personali della famiglia che si trovavano abbandonati in un angolo della stanza... Alcuni anni prima Anna le aveva regalato un cane, sperando che si preoccupasse di portarlo a passeggio per i soliti bisognini. Pochi giorni dopo aveva dovuto abbandonare il cane in aperta campagna perchè la madre si rifiutava di allontanarsi dal telefono e il cane nell’impossibilità di farla altrove la faceva in casa. Non che la madre di Anna si preoccupasse di pulire ciò che il cane sporcava...

D’altra parte non si preoccupava di pulire nemmeno quello che sporcava lei.

Al termine della sua prima giornata di lavoro Anna si domandava se era il caso di rinunciare all’incarico che le era stato affidato.

La Maseraci la aspettava sul bordo della strada con il serbatoio vuoto; sua madre sicuramente non era riuscita a telefonare: nonostante tutto Anna era di buon umore. Quando vide la sua Maseraci alzò le spalle e tirò innanzi. Poco dopo il suo nuovo capo officina le offrì un passaggio. Naturalmente Anna accettò. Era un tipo curioso, il capo officina. Durante il percorso riempì la testa di Anna di domande alle quali proprio non sapeva come rispondere. Erano domande sulla sua vita. Anna non sapeva rispondere per mancanza di dati, proprio non c’era nulla da dire. Eppure le pareva scortese non rispondere. Così inventò sui due piedi qualche storiella strappalacrime. Suo padre era scappato di casa proprio il giorno della sua nascita lasciando alle sue spalle un mucchio di debiti... Sua madre non era ancora riuscita a riprendersi dal trauma subito e provava affetto soltanto per il telefono... Il suo fidanzato un bel giorno aveva deciso di sposare un’altra...

Il capo officina rimase seriamente impressionato dalle notizie che quella sera stessa avrebbe dato in pasto alla sua famiglia insieme alla solita minestrina.

Anna finalmente riusciva a godere dell’intimità della sua nuova casa, finemente arredata con il tavolino e le sedie da campeggio che accampagnavano da anni la sua vita e quella di sua madre. Tra l’altro la madre di Anna era di pessimo umore. Un’intera giornata senza telefonare alla sua amica che si era trasferita in Sud America era una vera tragedia. In qualche modo era riuscita a farsi prestare un vecchio telefono che teneva teneramente sulle ginocchia.

Anna avrebbe preferito trovare il tavolino apparecchiato con un piatto colmo di spaghetti fumanti, magari conditi con un filo d’olio di semi vari e una spolverata di grana. Per la fortuna di sua madre Anna era il tipo che invece di arrabbiarsi per tutto quello che sua madre avrebbe potuto fare e non aveva fatto si dava da fare e si preoccupava persino di nutrire sua madre.

Purtroppo quel giorno in dispensa, la solita vecchia scatola di cartone che serviva per trasportare il tavolino e le sedie, non c’era nulla ed era troppo tardi per trovare un negozio aperto che tra l’altro fosse disposto a fare credito a una persona sconosciuta.

Il padrone di casa che forse era dotato di un sesto senso o forse aveva semplicemente bisogno di compagnia passò a chiedere se per caso non avessero avuto bisogno di qualcosa.

Pasta e fagioli, rispose Anna, quasi sovrappensiero. Sognava un piatto di pasta e fagioli come un rampollo di buona famiglia sogna la sua prima automobile sportiva o la sua prima ragazza appariscente.

Di pasta e fagioli in casa non ce n’era, spiegò il padrone di casa. Tutt’al più si potevano mettere insieme maccheroni al ragù e qualche fetta di prosciutto.

Anna rispose che andava benissimo, anzi, non avrebbe osato sperare in tanta gentilezza...

La madre di Anna era profondamente depressa. Avrebbe preferito alla pasta e fagioli la possibilità di effettuare almeno una telefonata alla sua amica, per comunicarle il suo nuovo indirizzo, caso mai le fosse venuta la voglia di scriverle una lettera. Il padrone di casa era gentile, ma non conosceva ancora così bene la madre di Anna da indovinarne le esigenze.

Per evitare un piagnisteo che sarebbe potuto durare anche tutta la notte Anna dovette promettere che non appena possibile avrebbe acquistato un telefono portatile.

Intanto la radio diffondeva le note di una canzone molto dolce, una canzone che da sola era in grado di creare quell’atmosfera di intimità del focolare domestico che ad Anna e a sua madre in quel momento mancava del tutto.

Quando il padrone di casa tornò con le vettovaglie che aveva promesso la madre di Anna si era già addormentata. Inutile svegliarla, probabilmente sognava di parlare telefonicamente con la sua migliore amica.

Il giorno dopo Anna si svegliò con un gran mal di testa causato probabilmente dall’incubo di non sapere come fare per raggiungere il suo posto di lavoro. La Maseraci era inutilizzabile, il capo officina non le aveva proposto di passare a prenderla né lei si era preoccupata di chiederle quella cortesia...

Non rimaneva altra possibilità che sperare di ottenere in prestito una bicicletta dal suo nuovo padrone di casa.

Nella sua vita quasi tutto era nuovo: lavoro nuovo, casa nuova, automobile nuova... ma a dire il vero lei aveva il sospetto di essere sempre più "usata".

Sospetto che si perdeva nel nulla non appena, stremata, si addormentava sul materassino da campeggio che cullava i suoi sogni.